LA SCHIAVITU’ NELL’ANTICO TESTAMENTO

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Ispirato liberamente, tradotto liberamente, e rielaborato da “Is God a Moral Monster” (cap.12, cap.13) del teologo Paul Copan

 

 

LA SERVITU’ DEBITORIA NELLA BIBBIA

L’errore più comune che i critici del testo biblico fanno è confondere la servitù descritta nell’Antico Testamento con la schiavitù antebellum (la schiavitù prima della guerra civile) degli stati sudisti americani.

La realtà è che la servitù ebraica può essere paragonata alle condizioni che erano molto comuni nell’America coloniale: pagare tariffe per andare in America era troppo caro per molte persone, allora queste potevano offrirsi sotto contratto lavorando in abitazioni domestiche, spesso in una posizione simile a quella dei garzoni, sino a quando erano riusciti a pagare i loro debiti. Infatti ben metà o due terzi degli immigrati bianchi delle colonie britanniche erano stati servi volontari per debito.

Allo stesso modo, gli israeliti fortemente bisognosi di soldi potevano diventare servi per pagare i loro debiti nei confronti di un capo o datore di lavoro che il testo Biblico chiama con il termine “adon”. Il termine “ebed” è usato per indicare il servo o anche per alcuni casi il dipendente, è infatti sbagliato tradurre “ebed” con il termine schiavo. Come dice lo storico John Goldingay, non c’è nulla di sprezzante o indignitoso nell’essere un “ebed”. Infatti è un termine più che dignitoso. (John Goldingay, Old Testament Theology: Israel’s life, vol. 3, 460).

E’ importante da ricordare che quando al termine “ebed” sono accostate parole come “comprare” o “vendere”, esse non intendono rendere la persona un oggetto o una proprietà. Pensate invece ad un atleta del giorno d’oggi, che può essere comprato, venduto, posseduto da una squadra. La squadra ha sì dei proprietari, ed effettivamente possiede dei giocatori, ma chiaramente quest’ultimi non sono schiavi!

I termini sopracitati, presenti anche nel linguaggio sportivo, sono semplicemente indicatori di accordi contrattuali formali, che è esattamente quello che troviamo nell’Antico Testamento.

Un esempio di questo contratto nell’ AT è quello di Giacobbe che decide di lavorare da Labano per sette anni, cosicchè possa lavorare per sposare la sua figlia Rachele. In Israele, diventare un servo volontario era una forma diffusa di prevenzione dalla fame e povertà estrema; molte persone non avrebbero avuto alcun possibilità di fornire alcun altro bene a garanzia se non se stessi, ciò significa che o accettavano di servire o sarebbero morti. Mentre la maggior parte delle persone lavorava in attività famigliari, i servitori contribuivano lavorando come domestici. Contrariamente alle critiche, questa servitù non era affatto molto differente dal punto di vista pratico da un impiego retribuito in una economia come la nostra basata sulla moneta.

Al tempo, il debito tendeva estendersi a tutta la famiglia, e non solo al singolo individuo. O per coltivazioni fallite o grandi indebitamenti, un padre poteva fare un accordo contrattuale (“vendere” se stesso) per lavorare nella casa di un altro: “Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia” (Lev 25:47).

Probabilmente la moglie o i figli di quest’uomo avrebbero potuto essere “venduti” per aiutare a sostenere la famiglia durante periodi di enorme gravità economica. Se la sua parentela non lo ha “riscattato” (pagato il suo debito), allora l’uomo dovrà lavorare come servo debitore fino a che non sia rilasciato dopo sei anni.

Il terreno di famiglia poteva essere ipotecato fino all’anno del Giubileo ogni cinquant’anni (vedere Levitico 25: 25-54, che spiega fasi successive di destituzione in Israele). In altre parole, questa servitù non era imposta da un altro, come nel caso degli schiavi delle piantagioni antebellum dei sudisti.

L’Antico Testamento è molto preciso nel rappresentarci il trattamento di questi servi. Ad esempio, quando gli abitanti di Giuda si ripresero i servi ebrei che un tempo avevano rilasciato, Dio li condannò per aver violato la legge di Mosè e per aver dimenticato che un tempo erano stati loro ad essere schiavi in Egitto, da dove Dio li aveva liberati. Dio disse agli abitanti di Giuda che per colpa delle loro azioni sarebbero stati esiliati nella terra dei loro nemici (Jer. 34:12-22).

Una volta che il servo era rilasciato, era libero di proseguire la sua vita senza ulteriori obbligazioni nei confronti della famiglia nella quale aveva lavorato. Infatti, una volta finito il suo periodo di servitù, tornava a tutti gli effetti un normalissimo cittadino israelita. Nessuno lo nega, il fatto che diventassero servi, conferiva loro una posizione non particolarmente alta nella scala sociale, ma una volta pagati i propri debiti o erano passati sette anni, la persona aveva tutte le possibilità di tornare come era prima.

In più la legge prevedeva che i servitori debitori fossero trattati come una persona “assunta di anno in anno”, trattata con gentilezza e senza acidità (Lev. 25:53-54).

In Israele, inoltre, al contrario degli altri popoli del vicino oriente, il rilascio del servo doveva essere fatto entro il settimo anno dal suo inizio di assunzione. Nessuno in Israele poteva essere quindi servo per tutta la vita.

L’unico caso in cui il servo poteva rimanere per più tempo era quando il servo, per motivi affettivi, voleva rimanere più tempo (Esodo 21:5). Inoltre anche se i servi debitori non erano riusciti a pagare il loro debito, comunque al settimo anno erano rilasciati (Deut. 15).

Il limite del settimo anno era fatto appunto per evitare abusi nei confronti dei servi, istituzionalizzando tale lavoro. Questo limite nel quale ciascun servo doveva essere rilasciato ricordava gli israeliti che la servitù indotta da una condizione di povertà non era né una soluzione permanente e né un posizionamento sociale ideale. D’altro canto, la servitù per debiti esisteva in Israele per il semplice fatto che la povertà esisteva: niente povertà e niente servitù, e se c’era servitù in Israele era comunque originata da una scelta volontaria, anche se indotta dalla povertà, scelta che non poteva essere forzata da alcuno.

 

 

MEZZO PER AIUTARE I POVERI

Nel mondo antico (e successivo) non ebreo, la schiavitù ha tre caratteristiche:

  1. Lo schiavo era una proprietà
  2. I diritti del proprietario erano assoluti sopra la persona e il lavoro dello schiavo
  3. Lo schiavo era privato della sua identità etnica, famigliare, sociale e matrimoniale

Da quello che abbiamo visto, questo non era assolutamente il caso del servo ebreo.

Le leggi israelite sui servi avevano come scopo il controllare e regolare una forma di lavoro inferiore. La servitù in Israele era una conseguenza della povertà, era totalmente volontaria, ed era lontana dall’essere ottimale. L’intento di queste leggi era di combattere potenziali abusi, non di istituzionalizzare la servitù. Le leggi dei servi avevano come scopo di beneficiare e proteggere i poveri. Entrare nella servitù era totalmente volontario: una persona che (per qualunque motivo) non aveva nessun terreno “si vendeva” (Lev. 25:39,47 comparare Deut. 15:12). Qualcuno poteva anche vendere un membro della famiglia come un servo debitore in un’altra casa per lavorarci fino a quando non era esaurito il debito. Una volta che la persona era liberata dai suoi obblighi servili, riprendeva lo “status pieno e libero cittadino” (John I. Durham, Exodus, Word Biblical Commentary 3 “Waco: Word, 1978” , 321)

Le legislazioni dell’Antico Testamento cercavano di prevenire ed evitare che una persona diventasse un servo per debito. Un buon accordo della Legge Mosaica era dato per proteggere i poveri anche da un servizio di servitù temporaneo. Ai poveri erano date le possibilità di racimolare ciò che trovavano ai bordi dei campi e raccogliere frutti dagli alberi dopo che i loro connazionali Israeliti avevano svolto il raccolto (Lev. 19:9-10; 23:22; Deut. 24:20-21). Inoltre agli Israeliti era comandato di prestare soldi senza interesse ai poveri (Deut. 15:7-8) che non erano già indebitati (Esodo 22:25; Lev. 25:36-37). E se un povero non poteva permettersi di sacrificare animali costosi e pregiati, potevano sacrificarne di più piccoli, meno costosi (Le. 5:7, 11). Inoltre i debiti dovevano essere automaticamente cancellati ogni sette anni. Infatti quando venivano rilasciati i servi debitori, dovevano essere generosamente trattati senza lamentele (Deut. 15:10).

Infine: Dio non voleva che ci fosse nessuna povertà in Israele (Deut. 15:4). Dunque le leggi dei servi esistevano per aiutare i poveri, non per nuocere o schiacciarli.

Il fine ultimo, niente povertà, niente servitù: Deut 15:1-18

1 Alla fine di ogni sette anni celebrerete la remissione. 2Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore che detenga un pegno per un prestito fatto al suo prossimo, lascerà cadere il suo diritto: non lo esigerà dal suo prossimo, dal suo fratello, poiché è stata proclamata la remissione per il Signore. 3Potrai esigerlo dallo straniero; ma quanto al tuo diritto nei confronti di tuo fratello, lo lascerai cadere. 4Del resto non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi; perché il Signore certo ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà in possesso ereditario, 5purché tu obbedisca fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, avendo cura di eseguire tutti questi comandi, che oggi ti do. 6Quando il Signore, tuo Dio, ti benedirà come ti ha promesso, tu farai prestiti a molte nazioni, ma non prenderai nulla in prestito. Dominerai molte nazioni, mentre esse non ti domineranno.
7Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso, 8ma gli aprirai la mano e gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si trova. 9Bada bene che non ti entri in cuore questo pensiero iniquo: “È vicino il settimo anno, l’anno della remissione”; e il tuo occhio sia cattivo verso il tuo fratello bisognoso e tu non gli dia nulla: egli griderebbe al Signore contro di te e un peccato sarebbe su di te. 10Dagli generosamente e, mentre gli doni, il tuo cuore non si rattristi. Proprio per questo, infatti, il Signore, tuo Dio, ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano. 11Poiché i bisognosi non mancheranno mai nella terra, allora io ti do questo comando e ti dico: “Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra”.
12Se un tuo fratello ebreo o una ebrea si vende a te, ti servirà per sei anni, ma il settimo lo lascerai andare via da te libero. 13Quando lo lascerai andare via da te libero, non lo rimanderai a mani vuote. 14Gli farai doni dal tuo gregge, dalla tua aia e dal tuo torchio. Gli darai ciò di cui il Signore, tuo Dio, ti avrà benedetto. 15Ti ricorderai che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha riscattato; perciò io ti dò oggi questo comando. 16Ma se egli ti dice: “Non voglio andarmene da te”, perché ama te e la tua casa e sta bene presso di te, 17allora prenderai la lesina, gli forerai l’orecchio contro la porta ed egli ti sarà schiavo per sempre. Anche per la tua schiava farai così. 18Non ti sia grave lasciarlo andare libero, perché ti ha servito sei anni e un mercenario ti sarebbe costato il doppio; così il Signore, tuo Dio, ti benedirà in ogni cosa che farai.

Questa legislazione comanda il perdono delle persone povere che hanno accumulato un debito (i servitori). Come si legge, al settimo anno la persona finiva il suo periodo di servitù. Il teologo Paul Copan nei suoi lavori dimostra come questa condizione privilegiata fosse presente in quel tempo solamente nel popolo israelita. Di fondamentale importanza è il versetto quatto che dice “4Del resto non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi; perché il Signore certo ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà in possesso ereditario“, che parafrasato dice: “non ci sarà nessun povero (e quindi nessun servo) tra di voi”. E’ chiaro quindi che Dio non incentivava questo tipo di condizione, ma semplicemente questo sistema veniva considerato un metodo per rimediare a situazioni estreme di povertà, infatti nel versetto 11, ne viene preso atto. I versetti 13 e 14 ci dicono come il datore di lavoro non dovesse essere cattivo nei confronti del servo, ma bensì generoso. E il motivo per cui colui che avesse un servo doveva trattarlo bene si trova nel versetto 15, che dice “15Ti ricorderai che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha riscattato; perciò io ti dò oggi questo comando“.

 

 

LA DIGNITA’ DEL SERVO DEBITORE

La legge di Israele basava il trattamento dei servi secondo le indicazioni di Esodo 21, quindi, diversamente dagli altri popoli, i servi erano persone e non schiavi di proprietà.

In Genesi 1:26-27 si vede come la dignità dell’uomo sia universale, in quanto sono tutti creati a immagine e somiglianza di Dio. Ed è proprio questa la base su cui si fonda il valore intrinseco dell’uomo.

Egualmente vediamo lo stesso principio di uguaglianza in Giobbe 31:13-15 “Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, che farei, quando Dio si alzerà, e, quando farà l’inchiesta, che risponderei?
Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel seno?”.

Interessante è anche che, diversamente da tutti gli altri popoli, gli israeliti non marchiavano il servo se ciò non era voluto da quest’ultimo, come dice Esodo 21:5-6.

Chiaramente i servi non avevano gli stessi privilegi delle persone libere, ma non era messa in discussione la loro dignità.

Inoltre in 1 Cronache 2:34-35 (anche se viene superficialmente usato il termine schiavo) leggiamo: “Sesan non ebbe figli, ma soltanto figlie. Sesan aveva uno schiavo egiziano di nome Iara. E Sesan diede sua figlia in moglie a Iara, suo schiavo; e lei gli partorì Attai.” Un trattamento niente male, che non fa altro che confermare la dignità di queste persone, e la diversità rispetto agli schiavi antebellum del sud degli Stati Uniti.

 

 

TRE COMANDAMENTI BIBLICI CHE, SE APPLICATI, AVREBBERO IMPEDITO LA TRATTA DEGLI SCHIAVI

  1. Il rilascio dei servi infortunati: Un altro elemento che eleva la cultura israelita rispetto a quella degli altri popoli del Medio Oriente di quel tempo è che i servi infortunati a causa del padrone avevano il diritto di essere rilasciati: Esodo 21:26-27 dice “Quando un uomo colpisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, gli darà la libertà in compenso dell’occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, gli darà la libertà in compenso del dente”. Inoltre, come si può leggere dal verso sopracitato, il padrone che percuoteva lo schiavo era costretto a rilasciarlo. Per di più, come leggiamo in Esodo 21:20 “Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta”.
  2. Le leggi anti-rapimento: La legge mosaica condannava esplicitamente il rapimento di una persona per renderla schiava. Questo crimine sarebbe stato infatti punito con la pena di morte. Esodo 21:16 dice Colui che rapisce un uomo e lo vende, se lo si trova ancora in mano a lui, sarà messo a morte.” Deuteronomio 24:7 dice “Quando si troverà un uomo che abbia rapito qualcuno dei suoi fratelli tra gli Israeliti, l’abbia sfruttato come schiavo o l’abbia venduto, quel ladro sarà messo a morte; così estirperai il male da te”. E anche nel Nuovo Testamento vediamo in 1 Timoteo 1:10 “per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina”
  3. L’aiuto agli schiavi che scappano dalle crudeltà: In Deuteronomio 23:15-16 leggiamo: “Perché il Signore tuo Dio passa in mezzo al tuo accampamento per salvarti e per mettere i nemici in tuo potere; l’accampamento deve essere dunque santo, perché Egli non veda in mezzo a te qualche indecenza e ti abbandoni.
    Non consegnerai al suo padrone uno schiavo che, dopo essergli fuggito, si sarà rifugiato presso di te”.
    Come dice Paul Copan, questa tutela era rivolta sia ai servitori israeliti maltrattati che scappavano, che agli schiavi di altri popoli che chiedevano aiuto al popolo israelita. Chiaramente, detto questo, qualsiasi parallelismo con gli schiavi americani del pre guerra civile diventa platealmente ridicolo. Nel codice di Hammurabi, invece, chi copriva e nascondeva uno schiavo era messo a morte (Laws of Hammurabi, 16). In generale negli altri popoli lo schiavo doveva essere immediatamente restituito. Anche in questo caso si vede quindi anche qui la superiorità morale dell’AT nei confronti della legislazione degli altri popoli del tempo. Alcuni dicono che Dt 23:15-16 è rivolto solo agli schiavi israeliti, ma questo è sbagliato, poiché: 1) nessun accenno di fratello o vicino è usato, e quindi non c’è nessun motivo per pensare a ciò; 2) In Levitico 25 vediamo come gli Israeliti non potessero schiavizzare gli israeliti e 3) per di più in Deut 23:16 vediamo come un fuggitivo straniero potesse vivere in Israele 4) gli schiavi israeliti non erano di fatto schiavi, ma servi a tempo limitato: risulterebbe quindi raro che dovessero scappare; è quindi probabile che un comandamento del genere includesse la maggioranza di coloro che scappavano.

 

 

BREVE RISPOSTA A VERSETTI EQUIVOCI

Bastonare a morte gli schiavi
Esodo 21:20-21

20 Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta. 21 Ma se sopravvive un giorno o due, non sarà vendicato, perché è acquisto del suo denaro.

Presumibilmente, questo trattamento del servo (la parola schiavo è fuorviante) implica per alcuni che il servo sia posseduto come una proprietà. Dunque sembrerebbe che questa persona sia una merce sostituibile e non una persona di valore.

L’antico Testamento afferma fortemente il valore umano intrinseco di questi servi debitori (Gen. 1:26-27; Giobbe 31:13-15; Deut. 15:1-18) e questo versetto non fa eccezione. Afferma infatti il valore intrinseco umano del servo (non lo rende un oggetto): se il capo avesse colpito a morte il servo e quest’ultimo fosse morto poco dopo, il padrone sarebbe stato punito, infatti come è scritto in Esodo 21:20 deve essere fatta vendetta. La parola “vendetta” è la traduzione del termine “naqam”, che implica sempre una pena di morte nell’Antico Testamento. Tutto questo è rinforzato dal fatto che in Esodo 21:23-24 sta scritto che la persona pagherà “vita per vita”, e questo passaggio è quello successivo a quello del servo picchiato. Tutto questo sta a questo significare che il servo doveva essere trattato come un essere umano con dignità, non come una proprietà.

La stecca e la verga non erano armi letali (nulla al confronto con una lancia o una spada); ma se il servo non fosse morto immediatamente dopo la bastonatura? Cosa sarebbe successo se fosse morto dopo un giorno o due? In questo caso, al capo (del servo) era dato il beneficio del dubbio che il servo fosse stato educato o punito senza alcun intento omicida. Ovviamente però se il servo fosse morto immediatamente non ci sarebbe stato questo dubbio. Se al servo fosse stata recata una lesione permanente (come la perdita di un occhio o di un dente) sarebbe stato liberato con la cancellazione del debito.

Questo è un trattamento totalmente differente comparato alle altre leggi del Medio Oriente riguardo a questo tema: per Hammurabi il pagamento andava fatto al capo per le lesioni dello schiavo (Laws of Hammurabi, 199-201). Questo passaggio quindi (insieme di versetti) mantiene fortemente la dignità del servo debitore in contrasto con le altre leggi dei altri paesi del Medio Oriente.

Perché allora questo passaggio (Esodo 21: 20-21) dice che lo schiavo è il denaro o proprietà del capo? La risposta è che il servo non era un bene mobile o una proprietà del capo; ma che il servo/dipendente (“impiegato”) era venuto nella casa del capo/datore di lavoro per uscire dal suo debito, dunque il capo avrebbe perso denaro se avesse maltrattato il suo dipendente; le sue eventuali ingiustizie avrebbero impattato sul suo portafoglio; e se avesse ucciso il suo servo sarebbe stato condannato a morte. In Israele sia che fosse un servo, sia che fosse una persona libera ad essere uccisa, l’omicidio era sempre omicidio.

Inoltre lo studioso di civiltà del Medio Oriente Harry Hoffner (un Ittitologo all’Università di Chicago) rigetta la traduzione comune “(il servo è) acquisto del suo denaro” preferendo “Questa spesa sono i suoi soldi/argento”. Questa traduzione che usa spesa/tariffa è basata sul contesto di Esodo 21:18-19. Per motivi di spazio non entreremo nel merito di quale sia la traduzione migliore.

Come dice lo storico ebraico Nahum Sarna: “Questa legge, la protezione degli schiavi dal maltrattamento dei loro padroni, non è trovata in nessuna altra parte in tutto l’insieme della legislazione del vicino oriente” (Nahum M. Sarna, Exodus, 124).

Lasciare moglie e figli
Esodo 21:2-6

2 Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero, senza riscatto. 3 Se è entrato solo, uscirà solo; se era coniugato, sua moglie se ne andrà con lui. 4 Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. 5 Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà, 6 allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina; quegli sarà suo schiavo per sempre.

A prima vista sembrerebbe che il passo tratti le donne e i bambini in modo ingiusto. L’apparentemente maschio favorito può entrare in servizio e poi anche uscirne, mentre per i bambini e la moglie sembra che essi non potano andarsene via.

Ecco la risposta all’apparente ingiustizia: primo, non vide detto esplicitamente che questo scenario non potesse essere applicato ad una donna, e per di più abbiamo dei motivi validi per credere che questo non fosse solo rivolto ai maschi (Infatti Deuteronomio 15 esplicitamente dice che questo scenario è applicato anche alle donne).

In questo versetto si piò quindi ragionevolmente parlare del cosiddetto “case law”: “Se uno specifico scenario si presenta, ecco come si procede”. In questo caso lo scenario riguardava i maschi.

Per di più, come vediamo in Esodo 21:7-11, i giudici israeliti erano molto flessibili nell’applicare le leggi sia agli uomini che alle donne, che asserisce che anche le donne, se in difficoltà, potevano diventare servitori per debiti tramite lavori domestici.

Secondo, pensiamo momentaneamente and uno scenario di servo maschile. Mettiamo che un capo organizzi il matrimonio tra il suo servo ed un’altra serva. Avendo preso il maschio come servitore il datore di lavoro ha fatto un investimento. Infatti il capo verrebbe danneggiato se il servo non rispettasse il contratto e andasse via. Pensate in termini di servizio militare: quando uno entra in servizio e fa un contratto che dura 3 o 4 anni, anche se si sposa durante questo periodo rimane sempre un militare e non può semplicemente andarsene via. Allo stesso modo in Israele, per far sì che i debiti venissero pagati, il servo maschio non poteva semplicemente andarsene una volta sposato, è infatti ancora sotto contratto, e deve onorare tale accordo. E anche una volta scaduto l’impegno lavorativo non poteva semplicemente andarsene con sua moglie ed i suoi figli. Dopo tutto erano sempre una spesa economica per il datore di lavoro.

Cosa poteva quindi fare l’uomo dopo il sesto anno (o anche prima se aveva pagato il debito)? Aveva tre opzioni:

  1. Il servo poteva aspettare che sua moglie e figli terminassero il contratto di lavoro mentre lui lavorava da un’altra parte. Sua moglie e i suoi figli non erano bloccati a vita nella casa del datore di lavoro. Sarebbero stati rilasciati dopo che la moglie avesse terminato di pagare il debito. Però se il servo appena rilasciato trovasse lavoro, questo implicherebbe : a) sarebbe separato dalla sua famiglia b) il suo capo non gli darebbe più cibo, vestiti, casa e ospitalità. D’altro canto se vivesse con la sua famiglia dovrebbe pagare per essere ospitato in una stanza.
  2. Poteva prendersi un lavoro decente altrove e risparmiare per pagare il rilascio dei figli e della moglie dagli obblighi contrattuali. Che bella opzione! Perché allora non prendere questa strada? Perché sarebbe stato molto difficile per l’uomo poi mantenersi e guadagnarsi soldi sufficienti per pagare il debito della famiglia.
  3. Poteva decidere di lavorare sotto condizione di servitù per sempre (Esodo 21:5-6). Poteva quindi rimanere con la sua famiglia in una condizione economica sicura e stabile. Formalizzerebbe questo atto con una cerimonia legale davanti ai giudici (Dio) facendosi un piccolo buco nell’orecchio con il punteruolo. Tutte e tre le soluzioni non sono certo gioiose, ma stiamo parlando di circostanze sfortunate di persone in gravità economica, che avevano come unica soluzione il lavoro. Nonostante l’apparente durezza la terza opzione era nella maggior parte dei casi la più ragionevole, e in ogni caso le leggi israelite fornivano protezione a queste persone.

 

Possedere schiavi stranieri
Levitico 25: 42-46

42 Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d’Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi. 43 Non lo tratterai con asprezza, ma temerai il tuo Dio. 44 Quanto allo schiavo e alla schiava, che avrai in proprietà, potrete prenderli dalle nazioni che vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava. 45 Potrete anche comprarne tra i figli degli stranieri, stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi, tra i loro figli nati nel vostro paese; saranno vostra proprietà. 46 Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire sempre di loro come di schiavi.

Questo passo può turbare molti, ma bisogna considerare alcuni punti. Primo, secondo Levitico 19: 33-34 e Deuteronomio 10:19, Israele aveva il dovere di amare lo straniero. Anche le leggi dell’Esodo (Esodo 21:20,21,26,27) proteggono da abusi tutte le persone al servizio altrui, non solo gli israeliti.

Secondo, il verbo “prendere”, “qanah”, in Levitico 25:39-51 non implica la compra-vendita di servi stranieri come proprietà e non implica una degradazione nella dignità della persona, infatti questo verbo appare in Genesi 4:1 (Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquisito un figlio di uomo dal Signore»), in Genesi 14:19 (Dio come “possessore” dei Cieli e della Terra), e in Rut 4:10 (e che ho anche preso in moglie Rut, la Moabita) dove qui di sicuro era una persona alla pari e non di rango inferiore; Come si può vedere il verbo “qanah” non implica affatto la perdita di dignità. E’ infatti anche usato in contesti totalmente diversi dalla compravendita.

Terzo, gli “stranieri” in servitù (Levitico 25:45) sono gli stessi aventi ricchezza sufficiente per pagare la loro libertà (verso 47). Non erano dunque bloccati inevitabilmente a vita nella servitù di casa. Il testo continua: “Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia, dopo che si è venduto, ha il diritto di riscatto; lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli”. Il termine forestiero è connesso al termine usato in Levitico 45. Questi servi stranieri acquistati potevano infatti raggiungere uno stato tale da permettersi loro stessi di assumere servitori. In linea di principio tutte le persone in servitù all’interno di Israele potevano essere rilasciate, a meno che avessero commesso un crimine.

Quarto, in alcuni casi, servi stranieri potevano elevarsi ad un rango pari a quello di cittadini israeliti. Per esempio, il discendente di Caleb, la figlia di “Sesan” finì per sposare un servo egiziano: 1 Cronache 2:34-35 (Sesan non ebbe figli, ma solo figlie; egli aveva uno schiavo egiziano chiamato Iarcà. Sesan diede in moglie allo schiavo Iarcà una figlia, che gli partorì Atta). Qui abbiamo un matrimonio tra un servo straniero e una persona libera di un certo rango. L’implicazione principale è che i diritti ereditari sarebbero andati ad Atta, figlio del servo.

Quinto, Dio richiedeva che Israele desse protezione agli schiavi stranieri che scappavano all’interno del suo territorio, impedendo che venissero restituiti ai loro crudeli padroni (Deut 23:15,16), inoltre rapire schiavi era proibito (Esodo 21:16 e Deut 24:7). Quindi, dobbiamo analizzare Levitico 25 tenendo in mente queste protezioni generali ispirate da umanità e garantite dalla legge.

Sesto, poiché i non-Israeliti non potevano acquistare terreni in Israele, stranieri senza terra o senza casa non avevano molta altra scelta se non offrirsi come servi nelle case israelite. Questa era pressochè l’unica alternativa possibile, non necessariamente una alternativa negativa. John Goldingay scrive: “molte persone sarebbero ragionevolmente e comprensibilmente felici di entrare in una servitù a lungo termine o a vita. I servi contano infatti come parte della famiglia”. Aggiunge: “c’erano casi in cui una persona che si era fatta servo per debiti chiedeva di diventare servo a vita poiché amava il padrone e la casa” (vedere Deut. 15:16,17)

Settimo, numerosi studiosi vedono il servo ebreo di Esodo 21:2 come uno straniero senza “obblighi di fedeltà politica” che era venuto in Israele. Da notare che non era bloccato a vita; doveva essere rilasciato dopo il settimo anno, presumibilmente per poi tornare al paese di origine.

Amedeo Da Pra e Edoardo Da Pra

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